Cancro: Come Risponde Il Sistema Immunitario Contro Il Covid-19?

di Noemi Bognanni
Revisionato da Federico Forneris
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Questo breve articolo mira a fornire delle nozioni concise sulla conoscenza generale di due nemici dell’uomo: coronavirus e cancro. L’obiettivo è quello di porre l’attenzione sul problema dell’indebolimento del sistema immunitario a seguito di terapie quali chirurgia e chemioterapia, che rendono il paziente oncologico immunodepresso e quindi potenzialmente più esposto al rischio di contrarre infezioni. Questa tematica, oggi più che mai è attuale poiché l’arrivo di nuovi virus e patogeni costituisce una grave minaccia in soggetti immunodepressi.

Cos’è il cancro?

Ogni cellula del nostro corpo ha un proprio ciclo vitale, che culmina con la divisione cellulare e ricomincia all’interno delle cellule figlie generate da questo processo. In condizioni fisiologiche tutto questo risulta rigidamente controllato, in modo da assicurare che ogni tessuto, organo, comparto del corpo umano cresca raggiungendo dimensioni e specializzazione adeguata alle sue funzioni. Tuttavia, in alcuni casi è possibile che questo sistema rigidamente controllato subisca delle anomalie tali da generare una riproduzione cellulare molto rapida e incontrollata. È il caso delle cellule tumorali, che oltre a presentare un ciclo riproduttivo compromesso, mostrano una ridotta attività apoptotica, ossia perdono parzialmente o completamente quella capacità di autocontrollare la loro proliferazione mediante processi di morte programmata [1].

Tanto più questi processi di regolazione risultano incontrollati, tanto più le cellule tumorali saranno considerate aggressive. Definizioni frequenti quali “benigno” (per descrivere un tumore a pericolosità ridotta, con crescita lenta e poca invasività), e “maligno” (per descrivere un tumore capace di espandersi anche a distanza, invadendo i tessuti e causandone la distruzione) sono di uso comune e, per quanto non interamente rappresentative della complessità clinica dei vari tipi di tumore, ben rappresentano l’impatto che questo tipo di malattie può avere.

Gli effetti immunosoppressivi della chemioterapia

I numerosi approcci disponibili per il trattamento delle malattie tumorali (argomenti per i quali consigliamo un approfondimento specifico ad esempio sui siti della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro e/o di Fondazione Veronesi) comprendono ad esempio la terapia ormonale, usata per tumori ormono-sensibili, come quello alla mammella e alla prostata, farmaci biologici o a bersaglio molecolare, sostanze in grado di “riconoscere” la cellula tumorale e promuoverne la distruzione da parte del sistema immunitario come ad esempio gli inibitori delle kinasi. Altre terapie comprendono: la chirurgia, utilizzata soprattutto nel caso di tumori solidi e molto spesso affiancata a chemioterapia o radioterapia per la riduzione delle dimensioni. La radioterapia, si basa sull’utilizzo di raggi X per distruggere le cellule cancerose; di questa fa parte la brachiterapia o radioterapia interna, che consente di inviare le radiazioni solo nell’area di interesse senza andare ad intaccare le cellule sane [2], La terapia che, però, rappresenta sicuramente una delle strategie più frequentemente applicabili è la chemioterapia.

La chemioterapia si basa sull’utilizzo di farmaci citotossici, ossia sostanze in grado di distruggere, in modo quanto più mirato e selettivo possibile, le cellule malate. Il punto debole di tale tecnica risiede purtroppo nella selettività: le cellule tumorali non sono altro che cellule umane con un ciclo replicativo accelerato. Proprio per questo presentano poche differenze morfologiche rispetto alle cellule sane: in alcuni casi, possono essere distinte dalla presenza di recettori (marker) specifici, che ne permettono una più facile identificazione e la creazione di terapie mirate. Un esempio è l’immunoterapia. Questa terapia si basa sulla capacità dei linfociti T che possano riconoscere in modo mirato delle proteine espresse dalle cellule tumorali. Spesso però questa strategia è difficile da effettuare per questo si è pensato di ingegnerizzare i linfociti T in modo da riconoscere proteine espresse da cellule tumorali e da cellule non strettamente indispensabili per la sopravvivenza. Ad oggi, però, l’immunoterapia, pur avendo ottenuto degli ottimi risultati, deve ancora riuscire a chiarire alcuni aspetti ed espandersi a tutti i tipi di tumori (suggeriamo a questo proposito di approfondire con l’articolo AIRInforma dedicato all’immunoterapia [3]). Proprio per questo la chemioterapia, pur essendo la più usata, agisce in modo sistemico sui pazienti oncologici, provocando inevitabilmente la morte di molte cellule sane oltre a quelle malate, ed inoltre anche una importante riduzione delle difese immunitarie. Molti studi hanno dimostrato che un paziente che segue una cura chemioterapica presenta una riduzione dei linfociti B e T, entrambi addetti alla produzione di anticorpi [4]. A questo proposito, si pensi che per tornare a livelli di difese immunitarie pre-chemio sono necessari mediamente circa 9 mesi dal termine della terapia [4]; va inoltre considerato che le dinamiche di recupero dipendono dallo stile di vita del paziente, dalla tipologia specifica di trattamenti subiti, da condizioni pregresse, etc.

Coronavirus, il nuovo nemico dell’uomo

SARS-CoV-2 è un coronavirus appartenente alla famiglia Sarbecovirus, ed è il responsabile della pandemia COVID-19 (CO corona, VI virus, D disease, 19 anno di identificazione). Il virus infetta l’uomo attraverso un processo molto complesso, tramite il quale entra nelle cellule umane, rilascia il suo RNA, e sfrutta i meccanismi di normale funzionamento di queste cellule per replicarsi e proliferare all’interno dell’ospite. Dalla proliferazione incontrollata scaturisce la patologia: l’aumento dei virioni all’interno delle cellule genera l’esplosione di queste ultime e l’infezione delle cellule vicine. I primi sintomi sono analoghi ai tradizionali sintomi influenzali, come mal di gola e tosse secca, espettorato, tosse secca, mialgie ma anche una diminuzione di linfociti B, T e NK, soprattutto nei casi più gravi [5]. La degenerazione della patologia si ha quando il virus raggiunge i bronchi e i polmoni, causandone l’infiammazione. Le cellule infettate dal virus producono più particelle di virus, che possono poi diffondersi ad altre persone, attraverso colpi di tosse. Per maggiori informazioni, dettagli tecnici e gli ultimi aggiornamenti in merito alle indagini di ricerca clinica in ambito COVID-19, vi consigliamo di seguire lo speciale AIRI CLIP nella sezione dedicata.

Qual è la connessione tra COVID-19 e Cancro?

Diversi studi hanno messo in evidenza una maggiore probabilità di complicanze legate a COVID-19 (ricoveri in terapia intensiva, ventilazione polmonare) e decessi nei pazienti oncologici sottoposti a immunoterapia [6]. Ad oggi, gli studi e i dati a disposizione sono ancora troppo pochi per fornire una correlazione significativa, ma è lecito pensare che, come nel caso di semplice influenza, lo stato di immunodeficienza renda questi pazienti più suscettibili al contagio anche nel caso di infezione da SARS-CoV-2. A validare questa ipotesi sono alcuni dati, dai quali è evidente un quadro clinico grave per il 75% dei pazienti che hanno subito chemioterapia o interventi chirurgici nel mese precedente al contagio, rispetto ad una percentuale del 43% di pazienti oncologici che non sono stati sottoposti alla medesima terapia o intervento chirurgico prima di ammalarsi di COVID-19 [7]. Per questi pazienti il rischio di complicazioni legato al COVID-19 diventa addirittura predominante rispetto alla malattia oncologica! Considerate le complicazioni respiratorie legate al COVID-19, è interessante notare come più pubblicazioni evidenzino l’assenza di maggiori complicanze nel caso di cancro al polmone rispetto agli altri tipi di cancro [7]. È altresì importante porre l’attenzione sul fatto che il rischio legato al COVID-19 per un paziente oncologico non riguarda soltanto la maggiore facilità di contagio, ma anche la possibile aumentata difficoltà nella risposta alla terapia: a questo proposito, dai dati emerge un maggior numero di esiti scarsi e un rapido deterioramento, pur fornendo tempestivamente soccorso [7-8].

Sulla base di dati pubblicati, è inoltre possibile affermare che le complicazioni a cui vanno incontro i pazienti oncologici nei confronti del COVID-19 sono legate ad un possibile indebolimento del sistema immunitario causato da terapie che interferiscono direttamente con la produzione di anticorpi, in particolar modo i trattamenti chemioterapici. Sono invece molto probabilmente da escludere da questi possibili fattori di rischio le terapie ormonali o radioterapia.

Bibliografia

[1] Wong RS. Apoptosis in cancer: from pathogenesis to treatment. J Exp Clin Cancer Res. 2011;30(1):87. Published 2011 Sep 26.

[2] Fondazione AIRC, (2018), Cancro: la cura.

[3] Riccardo Mezzadra, (2015) Nuovi approcci immunoterapici contro i tumori: una speranza per il futuro. AIRInforma, 2, 2015-06-08.

[4] Verma R, Foster RE, Horgan K, et al. Lymphocyte depletion and repopulation after chemotherapy for primary breast cancer. Breast Cancer Res. 2016;18(1):10. Published 2016 Jan 26.

[5] Qin C, Zhou L, Hu Z, et al. Dysregulation of Immune Response in Patients With Coronavirus 2019 (COVID-19) in Wuhan, China. Clin Infect Dis. 2020;71(15):762-768.

[6] Desai A, Sachdeva S, Parekh T, Desai R. . COVID-19 and Cancer: Lessons From a Pooled Meta-Analysis. JCO Glob Oncol. 2020;6:557-559.

[7] Liang W, Guan W, Chen R, et al. . Cancer patients in SARS-CoV-2 infection: a nationwide analysis in China. Lancet Oncol. 2020;21(3):335-337.

[8] Xia Y, Jin R, Zhao J, Li W, Shen H. . Risk of COVID-19 for patients with cancer. Lancet Oncol. 2020;21(4):e180.

Info sui Revisori di questo articolo

Federico Forneris, PhD in Biologia Molecolare e Strutturale, è professore associato presso l’Università di Pavia (IT).

About the Author

Noemi Bognanni
Noemi Bognanni ha conseguito nel 2020 la laurea magistrale in Chimica Biomolecolare presso il Dipartimento di Scienze Chimiche, dell’Università degli Studi di Catania discutendo una Tesi focalizzata sulla sintesi di sistemi drug-delivery a base di ciclodestrine come agenti antitumorali, cercando di rendere il farmaco maggiormente selettivo verso il target. I suoi interessi di ricerca comprendono lo studio delle cellule tumorali e le loro variazioni rispetto alle cellule sane, la sintesi di nuovi sistemi di trasporto e riduzione della tossicità.

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