Riassunto e traduzione dell’articolo: Jin X, Lian J, Hu J, et al Epidemiological, clinical and virological characteristics of 74 cases of coronavirus-infected disease 2019 (COVID-19) with gastrointestinal symptoms Gut Published Online First: 24 March 2020.
Riassunto e traduzione a cura di: Gabriella Assante; Revisionato: Giulia Peserico
Articolo Originale Pubblicato il 24 Marzo 2020
Questo studio fornisce un’analisi clinica, epidemiologica e virologica di 74 pazienti COVID19 con manifestazioni gastrointestinali tra il 17 gennaio e l’8 febbraio 2020, nella provincia di Zhejiang.
Nella provincia di Zhejiang, è stato condotto uno studio retrospettivo in pazienti COVID19 positivi che tra il 17 Gennaio e l’8 Febbraio 2020 avevano anche presentato sintomi gastrointestinali. Su 651 soggetti COVID19 positivi, 74 pazienti (11.4%) al momento del ricovero presentavano almeno un sintomo gastrointestinale. In particolare, 10 pazienti riscontravano nausea, 11 vomito e 53 avevano diarrea descritta come “feci molli più di tre volte al giorno” e una durata media di 4 giorni, min 1 gg – max 9 gg (L’uso di antibiotico e la presenza di Clostridium nelle feci, sono entrambi stati esclusi) Inoltre tutti i sintomi gastrointestinali erano sempre accompagnati da febbre e / o tosse.
L’età media dei pazienti era di 46,14 anni con un uguale rapporto uomo:donna, la diarrea era presente nel 8,14% dei casi rispetto ai 651 pz, ed è stato il sintomo gastrointestinale più comune. Inoltre, nessun paziente presentava condizioni cliniche sottostanti o pregresse, ma 51,35% era stato a Wuhan mentre il 43,24% aveva avuto contatti con soggetti positivi. In generale 63 pazienti con sintomi gastrointestinali hanno manifestato febbre alta fino a 40,3 ° C e 8 di loro hanno presentato difficoltà respiratorie. Il 10,8% dei pz con sintomi GI presentava un’epatopatia cronica sottostante, una percentuale molto maggiore rispetto al gruppo di controllo senza sintomi GI. Solo il 12,16% dei pazienti con problemi gastrointestinali presentava polmonite unilaterale rispetto al 23,22% di quelli senza sintomi. Nessuna differenza significativa è stata trovata in termini di procalcitonina e proteina C reattiva tra i due gruppi ma i pazienti con sintomi gastrointestinali presentavano un decorso generalmente peggiore della malattia.
Per quanto riguarda i trattamenti, 66 pazienti hanno ricevuto un trattamento antivirale con interferone alfa, arbidolo cloridrato, lopinavir e ritonavir. Per quanto concerne invece il decorso, il 6.76% dei pazienti con sintomi gastrointestinali ha poi sviluppato ARDS, il 17.57% danno epatico e l’1.35% shock e solamente un paziente è morto. E’ importante sottolineare che la presenza di sintomi gastrointestinali sembra essere associata ad una maggiore attitudine per lo sviluppo di danno epatico. Nessun paziente ha avuto grave insufficienza renale o è stato trattato con ossigenazione extracorporea della membrana, ma 5 di loro hanno richiesto il ricovero in ICU. Sulla base di analisi univariate sono stati identificati 11 fattori di rischio per le forme severe di COVID19 come età superiore a 50 anni, produzione di muco, condizioni cliniche preesistenti, diverse infezioni polmonari, aumento di ALT, LDH, glucosio e CRP. Successive analisi hanno poi rilevato che la produzione di muco così come un aumento di LDH e livelli di glucosio sono fattori di rischio indipendenti di forme severe di COVID19 nei pazienti con sintomi gastrointestinali.
Conclusioni
Complessivamente, Il coronavirus può infettare le cellule ospiti utilizzando la proteina S per legare il recettore ACE2 espresso nel tratto gastrointestinale e questa capacità che è stata identificata, è forse il fattore scatenante per i forti sintomi gastrointestinali in alcuni pazienti COVID19. Inoltre, nella proteina S sono stati trovati siti di metilazione che danno al virus diverse funzioni che sono alla base delle sue variazioni epidemiologiche e cliniche.
I pazienti con sintomi gastrointestinali presentano evidenze cliniche più gravi del virus rispetto a quelle in cui il GI non è coinvolto, poiché ciò li predispone maggiormente ai disturbi elettrolitici come la riduzione del sodio sierico che è alla base di numerose manifestazioni cliniche del virus. Inoltre è necessario sorvegliare anche l’andamento della funzionalità e del danno epatico dato il riscontro di livelli aumentati di AST e di una proporzione maggiore di pazienti affetti da epatopatie croniche nei pazienti COVID+ con sintomi GI.
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