Astronomia e religione, un rapporto possibile

di Angelo Zinzi
Editor: Elisa Camozzi
Revisori Esperti: Giovanna Frongia, Arianna Piccialli
Revisori Naive: Federica Menghini, Sergio Tulipano
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Non sono pochi gli esempi nei quali la religione è stata vista come oscurantista nei confronti della scienza e dell’astronomia in particolare. Basti pensare a Galileo, costretto ad abiurare le teorie copernicane da lui sostenute, oppure a Giordano Bruno, condannato al rogo perché, tra le altre cose, fiero sostenitore della molteplicità dei mondi e del moto della Terra. Ma altri esempi, più recenti di questi, ci possono invece far comprendere che queste due discipline possono correre su binari paralleli, cercando in realtà risposte a domande che nascono dal profondo dell’animo umano. In questo articolo ripercorreremo le vite e le scoperte di tre grandi astronomi appartenenti al mondo ecclesiastico: Angelo Secchi, Georges Lemaitre e Guy Consolmagno, capaci di coniugare la fede cristiana e la ricerca della verità tipica dello scienziato moderno.

Non di rado le religioni vengono viste come antitetiche alle scienze, sia a causa delle differenze nei rispettivi principi cardine (rivelazione, fede e sacralità per le religioni, ragione, empirismo, evidenza per le scienze), sia a causa di determinati atteggiamenti in precisi periodi storici, come quanto avvenuto a Galileo, condannato dall’inquisizione cattolica per le sue tesi eliocentriche.

Proprio questi ultimi hanno portato alcuni studiosi, anche moderni, come Richard Dawkins, Steven Weinberg e Carl Sagan, a postulare una “tesi di conflitto” tra le due discipline, su base metodologica, politica e fattuale.

Ad una analisi più accurata, però, tale dicotomia appare più come una impressione poco supportata dai fatti, come discusso ampiamente nel libro “Science & Religion: A Historical Introduction” di Russel [1] e difatti, qui di seguito, mostreremo, con tre esempi recenti, che l’impegno religioso non pone alcun ostacolo al conseguimento di traguardi di assoluta eccellenza scientifica.

Il primo personaggio di cui tener nota è senza dubbio Padre Angelo Secchi, gesuita, nato nel 1818 e direttore del Collegio Romano (dal quale è poi nato l’Osservatorio Astronomico di Roma) nella seconda metà del XIX secolo. Padre Secchi è ricordato in astronomia per il suo contributo fondamentale alla conoscenza delle stelle, avendo dato origine allo studio sistematico della spettroscopia stellare.

Figura 1 – Padre Angelo Secchi (https://www.scienzainrete.it)

Figura 1 – Padre Angelo Secchi (https://www.scienzainrete.it)

 

Unendo uno spettroscopio ad un cannocchiale, riuscì a catalogare le stelle osservate sulla base dello spettro elettromagnetico ricavato. In questo modo fu in grado di effettuare una classificazione indicativa della fisica delle stelle (ovvero dei processi fisici che sono alla base del funzionamento e della differenziazione delle stelle), potendo riconoscere dai loro spettri la composizione chimica.

Egli propose, in particolare, cinque classi spettroscopiche nelle quali dividere le varie stelle a partire dalle righe di assorbimento (ovvero quelle visibili a lunghezze d’onda differenti a seconda dell’elemento chimico e causate dai composti negli strati esterni, e più freddi, delle atmosfere stellari che assorbono la radiazione proveniente dagli strati inferiori, e più caldi, della stella stessa) presenti nei loro spettri.

Il diagramma H-R e le classi spettrali di Padre Angelo Secchi

 

Il diagramma H-R (dai suoi inventori Ejnar Hertzsprung e Henry Norris Russel) è un grafico, presentato per la prima volta nel 1910, nel quale sono raggruppate tutte le stelle osservate. L’asse delle ascisse indica la temperatura della stella espressa in Kelvin (generalmente orientata in senso inverso, ovvero con le temperature alte verso la sinistra), quello delle ordinate la sua luminosità intrinseca.

Seguendo i punti presenti nel diagramma è palese l’ordinamento delle stelle dall’angolo in alto a sinistra a quello in basso a destra (in pratica una stella calda è anche brillante e viceversa). Le stelle che si trovano lungo questa direttrice sono nella loro fase di “sequenza principale”, ovvero nella fase di vita nella quale bruciano idrogeno in maniera stabile. A seconda della temperatura (e dunque della luminosità) le stelle di sequenza principale vengono generalmente classificate nelle seguenti classi: O, B, A, F, G, K, M.

Vale la pena notare come una frase caratteristica permetta di ricordare il precedente ordinamento: Oh, Be A Fine Girl, Kiss Me (Oh, fai la brava, baciami).

Oltre alla sequenza principale, nel diagramma H-R ci sono anche altre zone popolate, che descrivono stelle negli stati finali della loro vita, quando l’idrogeno da bruciare è terminato: in alto a destra le giganti rosse (fredde, ma brillanti) e in basso a sinistra le nane bianche (calde, ma deboli).

La classificazione di Padre Angelo Secchi (riportata nell’elenco seguente) anticipò parzialmente quella ottenuta grazie al diagramma H-R:

  • Classe I: stelle bianche e azzurre con righe dell’idrogeno forti e larghe (es. Altair e Vega)
  • Classe II: stelle gialle con righe dell’idrogeno meno marcate ed evidenti e con la presenza di elementi metallici (calcio e sodio – in astronomia “metallo” è tutto ciò che non sia idrogeno o elio). Di questa classe fanno parte il Sole, Arturo e Capella.
  • Classe III: stelle rosse, con uno spettro più complesso e bande più larghe (es. Betelgeuse e Antares)
  • Classe IV: stelle rosse con presenza di carbonio
  • Classe V: stelle con linee presenti in emissione

Alle prime tre classi appartengono infatti stelle che fanno parte della Sequenza Principale ed infatti alla classe I appartengono le stelle più calde (B, A, F), alla classe II quelle medie (ancora F, quindi G e K) e alla classe III le nane rosse M.

 

Oltre al suo enorme impegno nel campo dell’astrofisica, Padre Secchi si distinse anche per essere un punto di riferimento nella meteorologia. In quest’ambito si contraddistinse per l’invenzione di una serie di strumenti in grado di misurare in maniera automatica diversi parametri utili per registrare le condizioni meteo. Tra questi particolare attenzione merita il “meteorografo”, di cui una copia è tutt’ora conservata nell’atrio di ingresso dell’Osservatorio Astronomico di Roma a Monte Porzio Catone.

Figura 2 – Meteorografo (tracieloeterra.bicentenarioangelosecchi.it)

Figura 2 – Meteorografo (tracieloeterra.bicentenarioangelosecchi.it)

 

Questo strumento aveva la particolarità di disegnare autonomamente grafici relativi a direzione del vento, ora della pioggia, pressione, velocità del vento e temperatura e nacque dall’intuizione di Padre Secchi di vedere un collegamento tra diversi fenomeni nel dare origine alle perturbazioni. [2]

Il meteorografo fu portato all’Esposizione Universale di Parigi del 1867 e per esso Padre Angelo Secchi fu premiato con una medaglia.

La seconda figura di cui racconteremo è quella di Georges Lemaitre, belga di Charleroi, anch’esso gesuita, nato nel 1894 e tornato alla ribalta di recente per il sondaggio sottoposto ai membri dello IAU (International Astronomical Union) che ha ufficialmente rinominato la Legge di Hubble (che lega la velocità di espansione dell’universo alla distanza dell’osservatore) in Legge di Hubble-Lemaitre. [3]

La legge di Hubble-Lemaitre

L’espansione dell’universo porta le varie galassie ad allontanarsi le une dalle altre a velocità proporzionali alla loro distanza. Tenendo conto dell’effetto Doppler, grazie al quale le frequenze registrate di un’onda sono influenzate dalla velocità relativa dell’oggetto dalla quale proviene, tale velocità si tramuta in uno spostamento verso frequenze più basse della luce che ci arriva da galassie lontane.

La misura di questo “red-shift” (spostamento verso il rosso, ovvero verso frequenze più basse) è una conferma osservativa della soluzione delle equazioni di Einstein per un universo omogeneo, isotropo e in espansione e la relazione che lo descrive matematicamente è nota come “Legge di Hubble-Lemaitre”.

Il valore della costante di proporzionalità tra velocità e distanza (che prende il nome di “Costante di Hubble”), a lungo dibattuto nella comunità scientifica, è stato misurato con sempre maggior accuratezza, utilizzando i dati acquisiti da una serie di missioni spaziali, ed è attualmente stimato intorno ai 70 km/s/Mpc (chilometri al secondo al megaparsec – dove il parsec è l’unità di misura della lunghezza cosmologica corrispondente a 3.26 anni luce).

Esso è anche fondamentale per calcolare l’età dell’universo, permettendo di “scorrere indietro nel tempo” fino all’istante iniziale in cui tutta la massa era presente in un solo punto. Utilizzando il valore calcolato da WMAP, l’età dell’universo è stimata essere 13.7 +/- 0.8 miliardi di anni.

 

L’argomento di questo sondaggio ci fa capire che, a differenza di Padre Secchi, Lemaitre si dedicò principalmente allo studio della cosmologia e il sondaggio di cui sopra trae origine dal fatto che Lemaitre aveva ricavato la legge di espansione dell’universo alcuni anni prima di Edwin Hubble.

Storicamente la “Legge di Hubble” porta questo nome in quanto l’astronomo statunitense la descrisse in un articolo pubblicato nel 1929. Già da alcuni anni si è però scoperto che Lemaitre pubblicò la stessa scoperta nel 1927, basandosi non solo sulle osservazioni di Hubble, ma sfruttando anche la soluzione alle equazioni della Relatività Generale, così da dare al suo risultato anche un fondamento teorico.

La sua sfortuna fu però quella di pubblicare su una piccola rivista scientifica in lingua francese (ovvero la sua lingua madre) di nessun impatto nella comunità scientifica internazionale.

Lo scienziato belga, dopo aver lavorato per anni all’osservatorio astronomico di Cambridge, era infatti tornato in patria per insegnare all’Università di Lovanio (dove aveva anche conseguito il dottorato) nel 1925. La sua diretta conoscenza con Arthur Eddington, direttore dell’osservatorio di Cambridge, gli aveva permesso di ripubblicare nel 1931 il suo articolo tradotto in inglese su “The Monthly Notices of the Royal Astronomical Society”, rivista di riconosciuto spessore internazionale.

Figura 3 – Georges Lemaitre (Wikipedia)

Figura 3 – Georges Lemaitre (Wikipedia)

 

La sua eccessiva onestà intellettuale lo portò però ad omettere proprio la parte relativa all’espansione dell’universo, ritenendola ormai superata in quanto descritta da Hubble due anni prima [4]. Nonostante ciò, già oggi la figura di Georges Lemaitre fa parte degli annali dell’astronomia, per la sua definizione di Big Bang.

A seguito di una conferenza tenuta a Londra pubblicò un articolo su Nature nel quale descrisse la propria teoria di espansione dell’universo come “l’uovo cosmico che esplodeva al momento della creazione”, riuscendo a stimare l’età dell’universo tra i 10 e i 20 miliardi di anni (ampiamente in linea con la stima attuale).

Alcuni anni più tardi la teoria espressa da Lemaitre fu definita del “Big Bang” dal fisico Fred Hoyle durante una trasmissione radiofonica della BBC del 1949.

Se l’attività di Padre Secchi può in un certo senso rientrare in uno studio analitico della natura, senza risvolti complessi dal punto di vista teologico, la consapevolezza di Lemaitre nell’individuare un istante iniziale dell’universo che non coincida con l’atto biblico della Creazione, inizia già a far capire come, se declinate in maniera corretta, fede e scienza possono mostrare due facce della stessa medaglia, ovvero la ricerca delle nostre origini, naturalmente insita nell’animo umano.

Il profilo con il quale concludere naturalmente questo articolo è Guy Consolmagno, lo statunitense attuale direttore della Specola Vaticana.

Figura 4 – Guy Consolmagno (https://aleteia.org)

Figura 4 – Guy Consolmagno (https://aleteia.org)

 

A differenza di Secchi e Lemaitre, Consolmagno ha prima intrapreso la carriera da astronomo, per poi dedicarsi alla religione. Nel 1978 ha infatti conseguito il dottorato in Scienze Planetarie presso l’Università dell’Arizona e solo quindici anni dopo è entrato a far parte dei gesuiti.

Fin dall’inizio della sua carriera si è sempre occupato principalmente di meteoriti, ma negli ultimi anni ha iniziato a volgere i suoi interessi anche all’astrobiologia [5]. Questo perché, secondo alcune teorie, come quella della panspermia, proprio i meteoriti sono indicati come i vettori tramite i quali la vita (o almeno i “mattoni” che ne costituiscono le basi) possa aver raggiunto la Terra.

Meteoriti e diffusione della vita

Quando, sul finire degli anni ’60 del secolo scorso, fu dimostrata la presenza di molecole policicliche aromatiche nella polvere interstellare, nacque la teoria della panspermia, ovvero la diffusione della vita attraverso l’universo utilizzando dei vettori, come, ad esempio comete e asteroidi.

Nonostante non sia ancora possibile determinare in che modo si è originata la vita sulla Terra, alcuni indizi portano a non escludere a priori che un ruolo di rilievo possa essere stato giocato dagli impatti avvenuti nel corso della storia della Terra.

Sulle comete sono stati infatti trovati composti organici di fondamentale importanza per lo sviluppo della vita (come la glicina, l’amminoacido più semplice, individuata dalla missione ESA Rosetta sulla superficie della cometa 67P Churyumov-Gerasimenko). E, andando avanti con lo studio di organismi resistenti a condizioni ambientali normalmente ritenute  proibitive  per la vita,  sono stati  scoperti i cosiddetti “estremofili”, capaci di sopravvivere anche a lunghi anni nello spazio, in totale assenza di condizioni terrestri.

Secondo la teoria della panspermia, dunque, la vita non si sarebbe originata sulla Terra, ma vi sarebbe arrivata solo a bordo di “vettori cosmici”, come asteroidi o comete (che frantumandosi e cadendo al suolo vengono poi catalogati come “meteoriti”), sui quali hanno viaggiato organismi viventi resistenti alle condizioni ambientali dello spazio profondo.

Se questa teoria dovesse trovare riscontri solidi, essa produrrebbe un cambiamento epocale nella ricerca della vita extraterrestre, rendendola non più scollegata da quella terrestre e dimostrando che ci sarebbe stata una sola genesi responsabile della diffusione della vita come la conosciamo noi nei nostri dintorni cosmici.

Vale però la pena ricordare che tali riscontri solidi non sono ancora stati trovati e sarebbe dunque fuorviante ritenere confermata la teoria della panspermia per spiegare l’origine della vita sulla Terra.

 

Se nel caso di Lemaitre possiamo esserci sorpresi del fatto che un religioso sia stato il primo a codificare in linguaggio scientifico l’inizio dell’universo con il Big Bang, nel caso di Consolmagno la ricerca dell’origine della vita in maniera scientifica potrebbe essere ancora più sorprendente.

In una sua lunga intervista alla rivista scientifica Astrobiology [6], Consolmagno ha parlato largamente di queste tematiche, dicendo che, secondo la visione della Chiesa, non dovrebbe esserci un dualismo tra religione e scienza. La sua spiegazione sul perché la fede in Dio non debba scontrarsi con la ricerca scientifica è abbastanza chiara e condivisibile: chi parte dall’assunzione che l’universo segua una logica, inizia a studiare le basi di quella logica, trovando riscontro nelle leggi fisiche, che mostrano come non ci sia il caos a dominare il cosmo.

Inoltre il fatto stesso di anelare alla conoscenza è un qualcosa che ci eleva e ci fa diventare umani (e dunque “simili a Dio”, secondo la concezione cristiana). È questo quanto Consolmagno dice di aver sperimentato quando ha iniziato ad insegnare in Kenya: partito per quella missione pensando di doversi dedicare all’insegnamento verso i meno fortunati nella convinzione che studiare astronomia fosse una perdita di tempo, ha invece trovato nelle persone incontrate lì un desiderio innato di conoscenza di una materia tanto poco pratica.

Questo gli ha fatto capire che costringere le persone ad appiattirsi solo sulle necessità materiali significa renderle meno umane: tutti gli esseri umani hanno gli stessi diritti e tra questi c’è il diritto alla soddisfazione della fame interiore di conoscenza.

Questi tre esempi dovrebbero quindi rendere chiaro che la visione di una religione che ostacola la scienza è miope e adatta solo ai “fondamentalisti” di entrambe le parti: religione e scienza puntano evidentemente a soddisfare un bisogno fondamentale dell’uomo, che è quello della conoscenza.

Viviamo in un’epoca storica nella quale la ricerca di vita extraterrestre sta diventando da filosofica a scientifica, grazie alle future missioni dedicate alla conoscenza di pianeti extrasolari sempre più simili alla Terra (come la missione ESA Plato) o all’esplorazione di corpi nel nostro sistema solare che potrebbero ospitare la vita a pochi milioni di chilometri da noi (i satelliti ghiacciati Europa ed Encelado ne sono un esempio).

Sarebbe dunque bene che ci preparassimo al cammino verso questi studi anche facendo cadere la dicotomia tra religione e scienza che continua a resistere solo a livello culturale, senza alcuna base fattuale che la sostenga. Solo così potremo essere certi che ogni sforzo compiuto a supporto di questo tipo di ricerca possa essere apprezzato dal mondo intero, senza inutili e dannose contrapposizioni ideologiche in merito.

Bibliografia

[1] “Science & Religion: A Historical Introduction” di Bertrand Russel

[2] Sabino Maffeo, S.J. (Specola Vaticana), Padre Angelo Secchi e la meteorologia, CMA – Unita’ Di Ricerca Per La Climatologia E La Meteorologia Applicate All’agricoltura

[3] M. Malaspina, Hubble-Lemaître, gli astronomi hanno detto sì, Coelum il portale di Astronomia, 2018-10-30

[4] M. Malaspina, Legge di Hubble, è ora di cambiarle nome, Media INAF, 2018-09-04

[5] N. Mari, Astrobiologia: cos’è e cosa (non) sappiamo, AIRInforma, 4, 2017-03-07

[6] Henry Bortman, Interview with Brother Guy Consolmagno, Astrobiology Magazine, 2004-12-05

Info sui Revisori di questo articolo

Giovanna Frongia, PhD in Storia, Filosofia e Didatticadelle Scienze. Collabora con l’Università di Cagliari in progetti di ricerca sul significato del dolore e sulle implicazioni etiche nella pratica clinica, nell’ottica della Narrative Medicine (IT).

Arianna Piccialli PhD in fisica con indirizzo astrofisico, lavora come postdoc presso il Belgian Institute for Space Aeronomy (BIRA-IASB) (Uccle, Belgio).

Federica Menghini è laureata in Fisica, attualmente lavora in Micron Technology (IT).

Sergio Tulipano lavora come scrittore, sceneggiatore, copywriter, web-journalist e creatore di giochi per l’editoria e i diversi media, sia italiani che esteri.

About the Author

Angelo Zinzi
Angelo Zinzi, classe 1979, laurea e dottorato di ricerca in fisica ed attualmente assegnista di ricerca presso l’ASDC (il centro dati scientifico dell’Agenzia Spaziale Italiana) come responsabile del progetto di esplorazione del Sistema Solare. La passione per i pianeti l’ha avuta sin da bambino ed ora si ritiene fortunatissimo a poter svolgere (seppur ancora da precario) il lavoro dei suoi sogni. Pensa anche, però, che sia giusto rendere possibile a tutti comprendere cosa significa fare scienza perché è solo mostrando la bellezza e la complessità di questo lavoro che le nuove generazioni potranno essere coinvolte. Per questo motivo da luglio 2010 cura la rubrica di divulgazione Con-Scientia su www.interno18.it.

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