La natura ha studiato matematica? Possiamo trovare ovunque in natura schemi geometrici e di ogni tipo, in particolare gli schemi che girano attorno al numero 6 sono particolarmente diffusi: alveari, rocce, scheletri di organismi acquatici, occhi di insetti ed altri ancora. Per quanto possa sembrare una semplice coincidenza con la matematica, questi schemi geometrici possono avere un motivo in grado di spiegare perchè in natura si presentano queste strutture. Questo video del canale It’s Okay To Be Smart prova a spiegarci questo fenomeno utilizzando alcune semplici bolle e con l’aiuto del matematico Kelsey Houston-Edwards, dal canale Infinite Series.
Una bolla consiste in un certo volume di aria contenuto da una pellicola di liquido. La quantità di liquido che circonda quest’aria può essere molta, come in un bicchiere di champagne, o solamente da un sottile strato di liquido, come per le bolle di sapone. Come fanno queste bolle ad avere una qualsiasi forma? Le molecole in un liquido sono molto più stabili quando circondate in ogni direzione da altre molecole, ovvero quando sono all’interno del liquido, quando sono al margine del volume di liquido sono invece meno stabili, pertanto, senza altre forze che agiscono su di un liquido, questo tenderà ad assumere una forma che permette di avere la minor superficie per il maggior volume possibile. Vediamo quest’effetto chiaramente a gravità 0, dove particelle d’acqua lasciate in aria assumono e mantengono forme più o meno sferiche. Quotidianamente possiamo vedere quest’effetto nelle gocce d’acqua sospese su foglie o ragnatele. Questo stesso effetto si verifica nelle bolle dove l’attrazione tra le molecole di sapone che formano due strati contenenti l’acqua all’interno. Questo avviene per la doppia natura del sapone, idrofila e idrofoba, in grado l’una di miscelarsi in acqua e l’altra di esservi respinta. Attirandosi tra di loro, le molecole di sapone in una bolla riducono la superficie della bolla fino a raggiungere un equilibrio con la pressione dell’aria contenuta all’interno. Il risultato è quello di una sfera proprio perchè la sfera è l’oggetto con il minore rapporto area/volume e quindi la forma più efficace per racchiudere un volume nel minimo di superficie possibile.
Un’altro aspetto interessante di questa conformazione è che se perturbiamo la superficie di una bolla, questa tende a bilanciare le tensioni applicate ritornando alla conformazione di minima superficie. Questo bilanciamento avviene in qualsiasi occasione; anche qualora la pellicola di sapone venisse perturbata in schemi molto complessi questo tenderà ad assumere una forma con la minore superficie. Per questo stesso motivo l’architetto tedesco Frei Otto utilizzava modelli basati sul comportamento di pellicole di sapone per ideare forme efficienti per i tetti dei suoi edifici.
Osserviamo ora come reagiscono le bolle quando cerchiamo di mettere più bolle a contatto tra di loro. Per quanto una sfera sia tridimensionale, se pensiamo di accostare più bolle tra di loro su di una superficie possiamo guardare cosa succede semplicemente al loro profilo. Se accostiamo tra di loro una serie di cerchi indeformabili cercando di coprire il più possibile una superficie, il miglior risultato che possiamo ottenere è una copertura al 90%. Fortunatamente le bolle non sono rigide, consideriamo quindi che queste bolle possano assumere qualsiasi forma vogliamo, se lo scopo finale è di ricoprire con bolle di dimensione identica, senza lasciare alcuno spazio vuoto possiamo scegliere solamente tra tre poligoni regolari: triangoli, quadrati ed esagoni. Quali di questi è il migliore? Possiamo osservare la risposta a questo quesito sperimentando con le bolle stesse. Se mettiamo a contatto due bolle di grandezza identica queste formano un’intersezione piatta, se ne aggiungiamo una terza le pareti che dividono le singole bolle si dispongono a formare angoli di 120° e questo comportamento rimarrà stabile aggiungendo una quarta bolla o più. Le intersezioni formate dalle bolle saranno sempre di 120°, lo stesso angolo che troviamo in un esagono regolare. Pertanto la forma dell’esagono è la più efficiente a coprire una determinata superficie con la minor quantità di bordi.
Nel tardo 19° secolo, il fisico belga Joseph Plateau calcolò che le giunzioni a 120° sono anche le più meccanicamente stabili, dove quindi le tensioni in azione lungo la superficie sono maggiormente bilanciate. Non solo quindi la forma esagonale minimizza il perimetro, ma riduce al minimo anche la tensione che agisce in ogni direzione della superficie.
Ricapitolando, l’aria in una bolla tende ad espandersi il più possibile, ma viene contenuta dalla tensione della pellicola di sapone che vuole minimizzare la superficie formata e quando più bolle sono a contatto il miglior equilibrio tra minor superficie e stabilità meccanica è tramite la forma dell’esagono. Questa spiegazione è sufficiente a spiegare i pattern ad esagoni che troviamo in natura? Le colonne basaltiche, come quelle della Calzada del Gigante e Devils Postpile ed i piani di Catan, si formano dal lento raffreddamento della lava, un processo che spinge le rocce ad occupare uno spazio minore, proprio come la tensione superficiale nelle bolle. Questa tensione porta alla formazione di rotture, rilasciando così energia per portare a stabilità meccanica, minimizzando l’energia rilasciata per la quantità di rotture l’angolo a 120° è la forma più efficiente. Sebbene le forze in azione siano diverse da quelle delle bolle, usano una simile matematica per risolvere un problema simile. Se prendiamo in considerazione gli occhi di un insetto, non troviamo più all’opera una forza fisica, ma una evolutiva: ottenere la maggior quantità di superficie fotosensibile minimizzando la quantità di cellule spese per formare le pareti. Come nel caso delle bolle la forma prediletta è quella dell’esagono. Ancora più interessante è che in fondo ad ogni componente dell’occhio si trovano quattro cellule fotosensibili adagiate tra di loro formando angoli di 120° tra i loro margini. Lo stesso meccanismo può anche spiegare la forma degli alveari, per quanto sarebbe bello immaginare che le api abbiano ragionato e sperimentato per comprendere che la forma esagonale è la più efficiente forma per bilanciare superficie di cera usata a pari volume, avendo un cervello grande quanto un seme di papavero, non sono brave in matematica. Le api inizialmente producono celle di cera circolari e col tempo ed il calore questa viene sottoposta a tensione superficiale fino ad assumere la forma più stabile di esagoni.
Alla domanda “La natura ha studiato matematica?”, alcuni scienziati rispondono che la natura in realtà cerca semplicemente l’efficienza o che ricerca la minor spesa d’energia, altri sostengo che la natura segua le regole della matematica. In qualsiasi interpretazione dei fatti si voglia preferire, è indubbio che la natura sia capace di usare metodi semplici per creare soluzioni eleganti.
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